venerdì 30 ottobre 2015

Niente al mondo può sostituire la tenacia: la storia di Ray Kroc


"Niente al mondo può sostituire la tenacia. Non il talento: non c’è niente di più comune dei falliti dotati di talento. Non la genialità: il genio non riconosciuto è quasi proverbiale. Non l’istruzione: il mondo è pieno di derelitti istruiti. Solo la tenacia e la determinazione sono onnipotenti”.

Si tratta di una affermazione del fondatore di Mc Donald, Ray Kroc, che tengo ben visibile sulla mia scrivania. Ho provato più volte a mettere in discussione questa impostazione di vita, ma ne sono uscito sempre con maggiore convinzione. 
È una affermazione che mi è servita più volte, specialmente quando, soprattutto in ambiente lavorativo, ero prossimo a mollare. Invece ho scoperto che stringere i denti e migliorarsi anche in presenza di una situazione avversa, è stata la scelta migliore. 
È chiaro che non basta proseguire a testa bassa, insensibile agli ostacoli, ma bisogna sapersi migliorare, facendo tesoro delle esperienze. 
La parola d’ordine quindi, insieme alla tenacia, è il miglioramento. 

Ray Kroc

Eppure non mi pare di assomigliare troppo a Ray Kroc. 

Lui ha avuto una vita intensa e variegata, piena di colpi di scena, fatta di mille esperienze, che lo ha portato a fondare uno dei simboli del modo di vivere americano, tuttora florido e discusso. 

Figlio di emigranti boemi, è nato vicino a Chicago all'inizio del 900. Grande talento del pianoforte, ma anche un gran sognatore (in famiglia era Danny Dreamer, un personaggio dei fumetti). 
Comincia a vendere limonate a scuola e poi fonda un negozio di dischi, che dura poco. 
Scopre di avere anche un talento come venditore, che sfrutta poco, dato che scoppia la grande guerra e lui chiede di partecipare, inutilmente dato che è troppo giovane. 
Di seguito comincia a fare una miriade di lavori (suona, lavora in una radio, vende di tutto, dalle case ai bicchieri di carta). Nel ’22 si sposa, ma si risposerà altre 2 volte. 
Fino a un primo colpo: nel 38’ incontra un certo Prince che ha inventato un particolare tipo di frullatore a cinque lame che lui vende per tutta l’America, fino all'età di 52 anni. Guadagna un discreto gruzzolo che gli consentirebbe di ritirarsi, ma, con quel carattere, pensava che il meglio doveva ancora venire.


Nel ’54 si trova in un ristorante californiano gestito dai 2 fratelli Mc Donald, a cui aveva venduto 5 frullatori, che loro usavano i serie per produrre bevande (milkshake) a ripetizione, servendole in bicchieri di carta, che riduceva di molto i  costi e i tempi di pulizia. In pratica, con questa catena di montaggio, riusciva a servire un cliente in 60 secondi e il prodotto costava pochissimo. 

Si accende la lampadina! Era il primo fast food della storia.

Chiede ai fratelli Mc Donald di cedergli i diritti del nome, in cambio di una percentuale sulle future istallazioni e con questo tipo di organizzazione, comincia ad aprire locali agli incroci delle strade (posizione strategica), ottimizzando, nel tempo, i prodotti (hamburger, patatine, ecc.) e i modi di prepararli e offrirli. 


Nel ’65, dopo aver rilevato anni prima la quota dei Mc Donald (2,7 mil. di allora…) , parte la quotazione in borsa: è un boom. 
Comincia anche l’espansione in tutto il mondo, fino all'attuale forma, e si cominciano a vedere anche le contraddizioni di questo modello che, soprattutto in Europa, attira critiche e odi, ma che resta economicamente eccezionale. 

E inoltre rimane sempre uno dei simboli più importanti del modo di vivere americano. 


Quanto può avere inciso la fortuna? E’ possibile nel nostro mondo, ripetere una simile vicenda? 

Penso che in tutti noi ci sia la possibilità di visione e la voglia di innovare. E anche la volontà di mettersi in gioco. 
Ma è difficile che il tutto si realizzi senza una volontà e una perseveranza di ferro e, probabilmente, una sorte favorevole (ma non so dire in che percentuale). 

E’ però fondamentale continuare a mantenere la voglia di crederci e di migliorarsi.


Carlo Cavriani

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