Cosa mi sta succedendo... sembra che non riesca più a fare nulla senza farmi male.
Mi chiamo Simone Guglietti, statistico per studi, assicuratore per professione, runner per vocazione.
Negli ultimi 5 anni ho affrontato innumerevoli gare su distanze brevi (dagli 8 ai 15 km), parecchie distanze medie (fino ai 30 km) e poche, ma indimenticabili gare lunghe, di cui le 8 maratone, sia su strada che in montagna, sono state senza dubbio le più belle e significative.
Il 2015 doveva essere l'anno della rottura del muro delle 3 ore sui 42 km. L'appuntamento era fissato per il primo maggio Maratona del Riso a Santhià e tutto sembrava procedere a gonfie vele verso tale scenario, almeno... almeno fino a una settimana prima della gara.
Poi è cominciato a girare tutto male. Una tallonite al piede sinistro non curata mi ha costretto a dare forfait. Ero arrabbiato, tanto, ma non potevo piangermi addosso, anche perchè tra meno di due mesi sarebbe arrivato l'altro obiettivo stagionale:
Non si tratta di una semplice gara. E' la regina delle gare a tappe di corsa in montagna e si svolgerà tra il 28 giugno e il 3 luglio lungo i principali centri della valle, su e giù per le montagne più belle del mondo.
Volevo arrivarci "tirato" per vedere quanto potevo valere confrontandomi con chi la montagna la corre da sempre.
Dopo due settimane di stop, ricomincio a correre nonostante il dolore non ancora sparito. Pian piano il male diminuisce e comincio a sentire buone sensazioni fino al 30 di maggio quando metto il piede in una buca e il piede sinistro, ancora lui, si gira e altri e 10 giorni di stop.
Ricomincio a correre, ancora più timoroso, sicuro che ormai la mia sarà solo una comparsata, ma di sabato, sempre di sabato, nella notte tra il 13 e il 14 giugno riesco a farmi male in bagno, nel modo più subdolo, sbattendo il mignolo del piede destro (perlomeno ho cambiato piede) su uno spigolo e procurandomi l'ennesimo stop.
A questo punto il mio obiettivo è diventato riuscire a correrla la gara, godendomi tutte e 5 le tappe e la vacanza che in quei giorni vivrò insieme alla mia famiglia e scrivendo sul blog il diario di queste giornate non sapendo ancora quello che succederà.
26 giugno 2015, domani si parte
Alla fine siamo arrivati. Solo 450 km e, più o meno, 5 ore di macchina e finalmente si comincierà.
Le sensazioni pre-gara purtroppo non sono quelle che avrei voluto 2 mesi fa, ma sicuramente migliori rispetto ai 15 giorni passati.
La caviglia non è mai guarita del tutto e il pensiero di doverci "correre sopra" per 5 giorni in montagna mi spaventa molto, specie per via dei tratti in discesa sui quali le caviglie saranno molto sollecitate.
Speriamo che, come spesso mi è successo in passato, con la pistola dello start volino via i dolori e i cattivi pensieri.
Sembrerà un po’ azzardato come titolo ma per me la corsa è più che un hobby. Alcuni la definirebbero una droga, altri lo stupida fissazione di un esaltato. Forse entrambe le cose per chi vede la cosa da una prospettiva diversa da quella del runner. La corsa io la definirei come quella cosa che mi fa vivere in maniera più vera tutto il mio mondo, l’aria, la terra, il mio stesso sangue, le ossa e i polmoni e tutti quelli che sono i sentimenti che ad essa sono collegati.
Per questo motivo sotto l'arco di partenza questa mattina avevo un unico pensiero: riuscirò ad arrivare senza problemi?
La tattica era solo una, vai piano e stai attento. D’altronde due mesi senza allenamento con tre infortuni non lasciavano alternative.
La partenza è stata mozzafiato dopo una breve discesa di 200 metri incomincia la Salita, quella con la ESSE maiuscola. Da 1.700 a 2.300 metri in meno di tre km passando di fianco a laghetti alpini e con la vetta del Catinaccio di fronte. Piano, molto piano, rispetto a come ero abituato, ma senza avvertire i classici dolori.
Ma se la salita vuol dire fatica la discesa vuol dire pericolo soprattutto per chi ha una caviglia “in disordine”. Anche qui l’abbrivio è stato prudente. Poi i cattivi pensieri hanno cominciato a lasciar spazio alle buone sensazioni e ho finalmente cominciato a correre veramente sempre più libero e sempre più veloce.
Gli ultimi 2 km, l’ultima salita, il passaggio sul ponte, lo sprint finale sono le belle diapositive di questa giornata che mi fanno sperare che le prossime quattro possano davvero rappresentare la mia rinascita sportiva.
La giornata oggi è iniziata sulla scia delle buone sensazioni di ieri. Il dislivello della tappa è di “soli” 474 metri per una lunghezza totale di circa 13 km. A tutto mi ero preparato nelle settimane precedenti ma non avevo pensato al più classico dei problemi per un corridore. La gamba dura.
Il percorso è bellissimo si snoda nei boschi tra Soraga e Moena e, proprio in questa località, si sale, si scende e poi si risale sui pendii dell’Alpe di Lusia e sull’omonima pista da sci. Appena iniziata la discesa tra le due salite ho capito che il finale di gara e, soprattutto, il dopo gara sarebbe stato duro a causa delle salite di oggi ma soprattutto di quelle di ieri.
Le gambe, al momento, stando steso sul letto, sono dure e sono riuscito, a malapena, a salire e scendere i gradini per tornare in albergo.
L’unica cosa che mi consola è che tutti quelli con cui ho parlato sono nelle mie stesse condizioni.
Che rimane da dire: sotto con la terza.
La terza tappa è sulla carta la più semplice delle cinque in programma.
Poco più di 11 km con partenza e arrivo a Fontanazzo in uno scorcio naturale di bellezza incomparabile col Pordoi che ci guarda dall’alto, un ampio prato dove stendersi a riposare dopo la fatica, il torrente Avisio con le sue acque cristalline dove andare a immergere le gambe congestionate dalla fatica e con un sole e una temperatura ideali per corsa e dopocorsa.
La partenza, come al solito, è figlia delle sensazioni provate il giorno prima. Le gambe sembrano due ciocchi di legna e dubito di poter correre come vorrei. Un po’ di riscaldamento, qualche movimento di allungamento ben fatto, però, mi fanno essere un pizzico ottimista.
La partenza è veloce. Come al solito con mia moglie si parte dal fondo del gruppo. Un saluto e via.
Il terreno pianeggiante dei primi km mi è congeniale con questo stato di forma e riesco a superare un bel po’ di atleti. La gamba gira e anche molto bene.
Comincia la salita. A differenza delle prime due tappe riesco a correre praticamente sempre e copro il dislivello recuperando ancora molte posizioni.
A 4 km dal traguardo la salita finisce e inizia una discesa molto scoscesa lungo cui la paura di farmi male a sinistra è più forte delle buone sensazioni. Almeno in venti mi passano in soli 2 km.
Per fortuna, quando il pendio spiana, l’arrivo dista ancora 3 km da correre su un bel falso piano in mezzo ai boschi lungo i quali riesco a ripartire e superare quelli che mi avevano sorpassato.
Chiudo bene, in spinta, con la sensazione che dopo il giorno di riposo potrò fare ancora meglio.
La tappa di oggi viene dopo un giorno di riposo nel quale tutti abbiamo cercato di recuperare un po’ delle forze perse lungo i pendii delle dolomiti.
Rispetto a quanto perso nelle prime tre tappe, però, spaventa di più la tappa di domani, denominata Trofeo Ciampedie, lungo la quale tutti cercheremo di buttare a terra quello che ci rimane per domare gli oltre 600 metri di dislivello concentrati in solo 3 km da spavento.
Per tale motivo affronto la frazione odierna con le marce basse cercando di gestire il muscolo al meglio senza esagerare.
La tappa parte con un discesone misto asfalto/strada forestale che porta da Alba a Canazei. Qui inizia una salita corribile quasi per intero che in 4 km ci porta a superare i 400 metri di dislivello positivo passando in mezzo a boschi suggestivi, salendo su tratti con scalini naturali costruiti dalle radici degli alberi e attraversando la pista da sci Ciampac.
Da questo punto inizia un tratto di 2,5 km da fare in ambo i versi, che ci permette di vedere finalmente i primi all’opera nel duello per le posizioni di testa, ma anche gli ultimi che, con la loro passione, rappresentano la vera anima del nostro sport.
La ripidissima discesa di 2 km ci riporta sul traguardo di Alba.
Bellissima tappa ma il pensiero di dover conservare le forze per il giorno successivo non mi ha permesso di esprimermi al meglio.
Eccolo qua il tappone dolomitico. Il trofeo Ciampedie è la ciliegina sulla torta della manifestazione.
Si parte dalla base della funivia Ciampedie a Vigo di Fassa e si arriva all’arrivo della stessa oltre 600 metri più in alto.
Dalla partenza, dopo 3 km su un falso piano molto tecnico, si arriva alla base dell’ultima e più dura salita di tutto il giro della Val di Fassa.
Per 3 km di correre non se ne parla neanche, se non per tratti di poche decine di metri. Il caldo e il sudore fanno il resto per rendere la tappa ancora più dura.
Nonostante tutto, le sensazioni non sono cattive e, malgrado la gestione prudente della prima parte della frazione, ben presto raggiungo e supero i miei abituali compagni di viaggio.
Dal sesto km in avanti, ricominciando a correre in maniera continua, la situazione migliora ancora e riesco a superare avversari che fino ad oggi non avevo visto neanche alla partenza.
L’ultimo km, la musica degli altoparlanti, gli ultimi due strappetti, l’arrivo, la consegna della medaglia, l’abbraccio con i bambini, lo scambio di battute con gli altri atleti, l’attesa e l’arrivo di mia moglie, il tutto sotto la presenza del monte Catinaccio, che oggi sembra poter essere toccato allungando la mano, sono pura festa, che già mi manca, e alla quale sono sicuro che l’anno prossimo non saprò rinunciare.
Bellissimo!!! Complimenti alla famiglia Guglietti!!!!
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