martedì 28 aprile 2015

Coyohacan: non solo coyotes


Istruzioni per l’uso:  ascolta questa musica dei Calexico come sottofondo..
https://www.youtube.com/watch?v=XRD680M1XrU

Citta del messico, la citta più affascinante e inquinata del mondo, custodisce un piccolo quartiere azzurro e coloniale dove la vita scorre ad un altro ritmo. Coyohacan ; per darvi un idea l’atmosfera è simile a quella che si respira nel Greenwich newiorchese , ma con il calore e i colori del Messico.
La piccola piazza ha una fontana che raffigura i coyotes..




 SI perché una volta qui erano di casa. Prima che venisse ad abitarci Cortes..intorno panchine, alberi, bambini, musicanti, poeti,  vecchi ..una mescolanza di tratti e di umanità che ti avvolge come il fumo di una sigaretta.

Per lasciarti trasportare da questa atmosfera cammina senza meta per le stradine immaginando di incontrare Pancho Villa o Zapata..che sporchi di sudore hanno appena concluso un attentato a un treno yanquee.. o l’odore del sangue dei sacrifici umani di Montezuma al dio fuggito in oriente ..o Cortez che, con la sua brutalità e con la complicità delle malattie, sterminò un popolo..
La storia del Messico si affolla nelle stradine di Coyohcan fino a quando non arrivi in Calle Londres.

Eccola in fondo a sinistra la casa Azul …e Frida con la sua voce roca e la sua andatura zoppicante ti viene incontro .e ti da il benvenuto ed  è amore a prima vista .. tutto il resto sbiadisce.
La casa Azul dove lei Frida Kahlo e Diego Rivera, suo marito, hanno vissuto parte della loro tempestosa storia d’amore.


Lei ti prende per mano e ti porta in giro per casa sua.. iniziamo dal patio e la sua fontana… dentro c’è disegnato un gigantesco ranocchio .. lei ti spiega che è il soprannome che da al suo Diego.

E poi ti mostra il suo studio con i suoi quadri ancora da finire e l’odore dei colori ti pervade e ti avvolge.. E la sua camera da letto..all’interno del baldacchino c’è ancora lo specchio che ti è servito per fare i tuoi autoritratti tutte le volte che sei stata costretta all’immobilità,  tutte le volte che la tua ferita si riacutizzava. Già l’incidente, dire Frida e dire incidente è la stessa cosa .Un anno ingessata in un letto e 35 operazioni nel corso dei tuoi 49 anni .. quel maledetto tram che mentre ritorni a casa da scuola..deraglia e un freno ti trafigge, come un cristo, dalla vagina alla gola.. eri morta Frida.. ma il tuo attaccamento per la vita è stato più forte..

Titolo: la colonna spezzata.

 E poi i tuoi corsetti.. per sostenere la tua schiena spezzata dipinti da te.



Poi mi porti nello studio di Diego ..il suo grembiule enorme immenso come lui… Che amore Frida!!! Sono stata sempre curiosa per come tu abbia potuto sopportare i suoi mille tradimenti ..persino con tua sorella Cristina..
"..Per Frida fu più un affronto il fatto che lui mi abbia ritratta in uno dei suoi giganteschi murales in municipio piuttosto che mi abbia portata a letto..” questo sembra dirmi Cristina da uno dei ritratti che le hai fatto..

quadro:  ritratto di mia sorella Cristina


E i mille aborti mettendoti a rischio pur di dargli un figlio…le tue paure esorcizzate in questo quadro






Ma per tenere a bada un predatore seriale come Diego ci voleva solo una te ..ne sono sempre stata convinta.    I più grandi intellettuali dell’epoca sono passati dal tuo letto e tu da ognuno come una mantide hai tratto spunto.. neanche Trockij seppe resisterti…

Fino alla tua ultima corsa disperata per bere l’ultimo sorso di vita .. Il giorno prima di morire fai caricare il tuo letto su un camion e ti fai portare alla galleria per assistere alla tua ultima mostra.
Una settimana prima avevi dipinto una natura morta dove dentro la fetta di un’anguria scrivi:
VIVA LA VIDA




Pure i Cold play si sono ispirati a te e a questa frase per il loro album intitolato appunto "Viva la vida."
Il frontman del gruppo Chris Martin commentò così la scelta del titolo: « Lei è sopravvissuta alla poliomielite, ad una spina dorsale rotta e un male cronico per decenni. Ha avuto un sacco di problemi e poi ha iniziato questo grande quadro a casa sua che diceva "Viva la vida". Mi è piaciuta questa audacia."

La tua sensualità invece ha dato la possibilità a  Salma Ayek di interpretare nel film  Frida..il più bel tango a mio parere della storia del cinema: ambiguo e appassionato:
https://www.youtube.com/watch?v=06u-a5jmi6o

L’altra è Tina Modotti fotografa udinese (recentemente a Palazzo Madama c'è stata una retrospettiva http://www.palazzomadamatorino.it/mostra.php?id_evento=226) . Nomade con una vita avventurosa, che dopo essere approdata in Messico sparì nella steppa russa ..ma questo è un altro blog.

Ecco perché Coyohacan non è solo coyotes .

Se vuoi approfondire su Coyohacan

https://www.airbnb.it/locations/mexico-city/coyoacan

se vuoi approfondire su Frida

Viva la vida di Pino Cacucci un monologo teatrale appassionante.

Mirella Berardino

Viaggio in Basilicata



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Tra le regioni pìù affascinanti d’Italia vi è la Basilicata. Una terra che sa farsi amare da chiunque abbia voglia di riscoprire il fascino di viaggiare seguendo strade secondarie e paesaggi insoliti.
È una regione dai profondi silenzi. Il paesaggio ha una sua aspra bellezza con luoghi ancora intatti dimenticati dal tempo. 


La gastronomia genuina, fatta di odori e sapori semplici marcatamente mediterranei, e soprattutto il calore e l’ospitalità della gente lascia emozioni indimenticabili.






La Basilicata è una terra ancora non conquistata dal turismo di massa: dalle montagne della dorsale appenninica al Monte Vulture, dalle coste sabbiose sullo Jonio alle rocce che si stagliano sul Mar Tirreno a Maratea, dai borghi cittadini alla natura incontaminata del Parco Nazionale del Pollino.


Maratea


Monte Vultur



La Basilicata, conosciuta anche con il nome di Lucania, comprende le città di Matera, Potenza, che ne è anche capoluogo di regione, Melfi, Policoro e Pisticci, nonchè molte altre località meno importanti.






Il turismo in Basilicata si basa prevalentemente sul turismo, più precisamente sul turismo estivo, grazie allo splendido mare e alle attrazioni come l’emozione di volare condivisa in due: il Volo dell’Angelo, tra Castelmezzano e Pietrapertosa sulle Dolomiti Lucane.



Il Volo dell'Angelo


Pietrapertosa





Non da sottovalutare sono anche le città medioevali sparse in tutta la regione, che attirano sempre maggiori turisti, come anche i sassi di Matera (Patrimonio dell'Unesco e Capitale della cultura 2019) e il Parco Nazionale del Pollino per quel che riguarda il turismo naturalistico-escursionistico.









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Inception (visto da me)




Uno dei film, per me, più esaltanti ed avvincenti di questo secolo è sicuramente INCEPTION, è riuscito a legarmi alla poltrona dall’inizio fino ai titoli di coda. Ma quale mente così visionaria può aver creato una trama ed un sceneggiatura, non solo coinvolgente, ma esaltante, inaspettata, non sai mai cosa accadrà nella scena successiva, non è facile pensare immediatamente al seguito,………… se non quella di Christopher Nolan ; non dimentichiamo che lui è anche il padre di film come Memento, Insomnia, The Prestige, ecc.. E dire che io sono in assoluto una fan di Matrix dal primo all’ultimo, ma INCEPTION ………. 


                                 


Il pensiero di voler insinuare nel subconscio di qualcuno, in un posto remoto, non facile da intercettare, un’idea; il voler innestare l’idea di Mr. Saito nella mente di un ignaro sognatore, anche se proprio ignaro non è Mr. Fischer Jr. considerato che ha un esercito a protezione del suo subconscio, come dicevo tutto ciò è inquietante, perché poi, non sembra neanche troppo fantascienza ………….. tutti sogniamo prima o poi! 
Dal film si evince inevitabilmente che il sogno è una percezione diversa della realtà, ecco perché "innestare" la nuova idea nel sogno, perché al risveglio (considerato che la notte porta consiglio!!! ) Mr. Fischer Jr. sarà convito di aver trovato la strada da seguire. Proprio per questo Mr. Fischer Jr. ha un esercito a protezione dei sui sogni, in quanto consapevole del fatto che qualcuno possa manipolare i sogni.





La parte davvero interessante, però, è legata all’architettura del sogno, la riproduzione di luoghi conosciuti e visitati che si modificano all’interno del sogno stesso a piacimento di Cobb che è colui che il sogno lo ha ideato, non di Mr. Fischer Jr. che si ritrova "casualmente" a sognarlo.


            


Io a Parigi, L.A., Banf N.P., sono stata, quei posti li ho visti.......rivederli completamente stravolti architettonicamente, non me li ha fatti riconoscere, forse l'unico luogo che si è salvato è Banf N.P., la montagna è difficile da reinterpretare.


     
            
       


       


Il modificare parti di città, di intersecarle con altre di altre città, sconvolgere completamente lo scenario, in un sogno è possibile…….quante volte al risveglio di un sogno ci ritroviamo a ricordarlo e non capiamo come dalla cucina ci siamo ritrovati nella foresta pluviale.
O semplicemente costruire l’architettura di un mondo inesistente che si sgretola 
man mano che il livello del sogno non è più credibile.







L’unica cosa che non condivido è: perché se muoio nel sogno non posso più risvegliarmi e sono costretto a rimanere nel limbo? Come accade a Mr. Saito che muore mentre si trova nel terzo livello del sogno e non può più tornare alla realtà, rimanendo ad invecchiare nel limbo (2 minuti di sonno reale in un sogno di primo livello corrispondono ad un ora nel sogno, Mr. Saito è morto nel terzo livello, quanto velocemente invecchierà? E fino a quando?)





Inutile, in questo film, discutere della bravura degli attori, per altro veramente bravissimi, ma questo è uno di quei film che forse non ha bisogno di grandi interpreti, perché non serve l’attore per rendere il film affascinante. Non è DiCaprio a dare vita a Cobb, ma è Cobb a dare una nuova visione della realtà a DiCaprio e questo vale per tutti gli altri interpreti. 
Il film è affascinante di per se, ti cattura fin dalle prime scene, aiutato dalle musiche davvero coinvolgenti di Zimmer che per l'occasione, si è ispirato addirittura a Bach ed Ennio Morricone. L'idea di Zimmer era creare suoni semplici e malinconici, esaltati da ottoni e archi dell'orchestra, così che si potesse ottenere quella atmosfera un po' cupa che caratterizza tutto il film.



         


E chissà che "Non, je ne regrette rien" non sia più in onore della francese Marion Cottilard, la signora Cobb, che per effettive esigenze sceniche.  


         


È stato detto molto su questo film, il nome dei protagonisti compone la parola DREAMS, sogni, il cognome di Cobb è lo stesso del primo lungometraggio di Nolan, Following, che ha riportato un po' dei suoi altri film all'interno di questo…….. 
Ma quello che davvero mi stupisce sono coloro che si interrogano sul finale, per alcuni ovvio, per altri non comprensibile, per altri ancora, forse, scontato, ma signori...... proprio noi italiani dovremmo capirlo più di altri..... è Pirandelliano:                                             COSI’ E’ SE VI PARE



  


Katia Cardamone   



Via Mazzini 53: storia, curiosità e un pizzico di mistero




Il palazzo per uffici oggi sede di Generali Italia S.p.A. a Torino in Via Mazzini 53 nasce a metà degli anni ‘50 come sede destinata ad accogliere la direzione amministrativa della Riv, azienda storica della città, produttrice dei cuscinetti a sfera, e viene inaugurato nel 1956 nell’ambito delle celebrazioni per il cinquantenario della società committente, parte del gruppo Fiat.


L’ingombrante e discussa mole dell’edificio, una sorta di grattacielo “orizzontale”, viene progettato dall’architetto Amedeo Albertini con la collaborazione del collega Umberto Cuzzi e si trova collocata ai margini del centro cittadino e affacciata sul viale alberato lungo il fiume Po, corso Cairoli, a ridosso dei Murazzi tardo-ottocenteschi.
Così come il vicino “edificio alto” progettato a partire dal 1947 da Gualtiero Casalegno (via dei Mille angolo corso Cairoli), il palazzo ex-Riv ha assunto il compito di rivoluzionare la maglia viaria e il fronte urbano verso la collina.


Analogamente ad altre strutture realizzate a Torino nel medesimo periodo, come i palazzi gemelli della Fiat di corso Marconi del 1951 e la sede della Lavazza di corso Novara del 1957, emerge con grande evidenza come la scelta compositiva assunta dai progettisti rimandi espressamente al modello della tradizionale scansione tripartita del blocco edilizio: il basamento leggermente arretrato e rivestito in acciaio inossidabile, un corpo compatto ma aperto grazie alla partizione verticale in paraste in pietra bianca di Finale alternate a tagli vetrati ed un coronamento rappresentato da un’ampia vetrata a nastro che corre tutto intorno all’ultimo piano. Inoltre, dietro la lama di dieci piani affacciata sul corso, viene realizzato poi, lungo via Mazzini, un edificio di sette piani fuori terra che richiama in tutto e per tutto lo stile del palazzo principale.


In origine il palazzo sul prospetto lungo il fiume contava solamente dieci campate, ma dieci anni più tardi ne vennero aggiunte altre cinque uguali dalla parte prospiciente Via dei Mille con l’obiettivo di realizzare un unico corpo di fabbrica. Questa articolata composizione strutturale, unita alla particolare geologia del terreno dovuta alla vicinanza del fiume, si rivelò quando intorno agli anni ’90 la Fiat, subentrata alla Riv-SKF (ex Riv) nell’occupazione del complesso, volle realizzare tre piani di autorimessa interrata nel cortile interno, infatti in fase di scavo le due parti che componevano l’edificio ebbero un cedimento obbligando ad un rinforzo strutturale lungo il giunto di collegamento con la realizzazione di un pilastro supplementare.


Il complesso immobiliare della Riv copriva in totale 25 mila metri quadrati suddivisi in quattro edifici: il palazzo di corso Cairoli (16 mila metri quadrati), quello contiguo su via Mazzini (3000 metri quadrati), un immobile su via della Rocca (3400 metri quadrati) e la foresteria ricavata nella Palazzina Vitale (2600 metri quadrati). 
Quest’ultima è di particolare importanza architettonica in quanto unico esempio in città di neo-rococò e venne costruita nel 1898 dall'architetto Annibale Rigotti e ispirata, per volere dell'allora proprietario Gian Giacomo Vitale, a costruzioni piemontesi dell'epoca di Luigi XV. 
In seguito, nel piccolo gioiello, venne sistemata la sede del Circolo del bridge, finché, negli Anni 60, la palazzina fu abbandonata e trascurata fino a divenire pericolante. 
Nel 1970, con l'acquisto da parte della Riv-Skf, dopo importanti lavori di restauro e ristrutturazione tornò all'antico splendore. Da allora è adibita a foresteria.
Quando a metà degli anni 70 la Riv-SKF lascia le sedi di Torino, tutto il complesso diventa di proprietà della Fiat che insedia una serie di uffici amministrativi di alcune società del suo gruppo. Poi agli inizi del 2000 il palazzo di Corso Cairoli e quello di Via Mazzini diventano la sede della Toro Assicurazioni (ora Generali Italia), mentre la Palazzina Vitale viene successivamente venduta a terzi e riconvertita in parte ad uffici ed in parte a foresteria.


La particolarità di questo sito però non è solo nel presente, ma risiede soprattutto nel suo passato ed infatti non tutti sanno che l'isolato delimitato dalle attuali Via Mazzini, Via dei Mille, Via della Rocca e Corso Cairoli, dove oggi sorge il palazzo di Generali Italia (ex Toro Assicurazioni e prima ancora RIV-SKF), nel ‘700 ospitava la chiesetta di San Lazzaro con annesso cimitero. 
Il terreno venne donato dal sovrano dell’epoca e fu incaricato l'architetto della Real Casa, il Conte Francesco Valeriano Dellala di Beinasco, a progettare nel 1777 il cimitero di San Lazzaro. Il cimitero era detto anche "della Rocca", perché ubicato nei pressi del Bastione della Rocca, che si stagliava sulla sponda del Po e fronteggiava il Monte dei Cappuccini sulla riva opposta del fiume. 
La pianta del cimitero era rettangolare, su tre lati erano presenti dei porticati (con i corrispondenti sotterranei pronti ad accogliere le tombe delle famiglie nobili e ricche) e sul fondo la cappella, al centro del cortile vi era invece l'ossario con intorno i pozzi per le inumazioni comuni. 


Il cimitero di San Lazzaro fu attivo dal 1778 e qui arrivarono i resti provenienti dalle parrocchie di Sant'Eusebio, San Tommaso, San Giovanni di Dio, della Provvidenza, del Soccorso, dei Santi Marco e Leonardo, dall'Albergo di Virtù, dall'Ospedale Militare e da quello di San Giovanni. 
Già nel 1829 però, con il Manifesto Senatorio del 4 aprile, si stabilì la cessazione delle inumazioni. Le spoglie dei nobili vennero traslate nel cimitero di San Pietro in Vincoli, oppure nel nuovo cimitero (quello che diventerà il Monumentale) insieme alle spoglie dei poveri. Alle famiglie che possedevano una tomba in San Lazzaro venne assegnato un nuovo sito negli altri cimiteri, oppure fu loro erogata una somma per compensare la perdita. 
Nel terreno liberato, però non bonificato, fu costruito un convento francescano, a cui subentrarono prima la sede dell'Istituto di Emigrazione Italiana e poi, dal 1886, il sifilocomio maschile, che vi restò per circa 70 anni e fu poi abbattuto. 
Nel 1952 il Comune provvide finalmente allo sgombero definitivo dei pozzi (37) in 400 giornate di lavoro. Le ossa rinvenute furono trasferite al Monumentale e poste nell'ossario sotto la grande croce al centro del Campo Primitivo, dove poterono finalmente cominciare a riposare in santa pace. 


Del Cimitero di San Lazzaro non resta più nulla, a parte le fonti documentarie che ne parlano e la famosa statua della "Velata" che ci catapulta indietro nel tempo fino alla fine del ‘700. 
Infatti precisamente il 25 marzo 1792 è il giorno in cui muore, ad appena 28 anni, la principessa Barbara Jakovlevna Tatisjtjeva, lasciando nel dolore suo marito, il principe Aleksandr Michajlovič Beloselskij, ambasciatore russo a Torino, e tre figli (un altro figliolo morì lo stesso anno della madre). Barbara fu sepolta nel Cimitero di San Lazzaro.
Per celebrare la sua giovane consorte attraverso un degno monumento da posizionare ad ornamento della sua tomba, Aleksandr commissionò a Innocenzo Spinazzi una scultura raffigurante una donna velata, simbolo della fede e della fiducia incondizionate nei confronti della religione anche nei momenti più bui della vita, e Spinazzi replicò una scultura da lui realizzata nel 1781 per la Chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi a Firenze (luogo in cui è conservata tutt’oggi). 
Dopo la soppressione del Cimitero di San Lazzaro però, iniziò una vera e propria odissea per la principessa e per la sua tomba. Nel 1830 fu trasferita nel Cimitero di San Pietro in Vincoli, con al seguito il suo bellissimo monumento funebre. Quando anche questo cimitero fu definitivamente chiuso ed iniziò ad essere teatro di messe nere, atti vandalici e ruberie varie, la tomba di Barbara venne purtroppo devastata: sparirono degli ornamenti, vennero amputate le mani della “Velata” e spaccato il libro sorretto dalla destra. Molto probabilmente i resti della donna furono traslati come tutti gli altri al cimitero Monumentale. 
Negli anni ’70 il Comune decise il trasferimento della “Velata” presso i magazzini sotterranei della Mole Antonelliana. Venne poi esposta temporaneamente alla GAM (Galleria d’Arte Moderna di Torino). Giunse in seguito al Cimitero Monumentale e vi rimase fino al definitivo ingresso presso la GAM, dove attualmente si trova collocata al 2° piano nel corridoio della sezione “Etica”. 


La triste vicenda della bellissima e sfortunata principessa russa morta prematuramente alimentò subito la nascita e diffusione di racconti e leggende, dalle atmosfere “gotiche” ed esoteriche, dedicati alla sua romantica figura tramutata in fantasma. Ancora oggi si aggirerebbe alla ricerca del suo amato sposo nei vari luoghi in cui la sua tomba ha abitato.
Uno di questi, anzi il primo, fu proprio il cimitero di San Lazzaro sulle cui ceneri nell’epoca moderna venne realizzato il palazzo di Via Mazzini, tant’è che agli inizi del 2000, quando la Toro Assicurazioni (ora Generali Italia) ristrutturò l’immobile prima di trasferirci la sua sede, le maestranze che vi lavorarono asserivano di sentire delle voci o dei rumori inspiegabili e da allora ogni tanto qualche dipendente o addetto alla sede dichiara di udire qualcuno che li chiama in lontananza. Ma siamo a Torino, la città che la tradizione esoterica più antica vuole sia essere contemporaneamente il vertice del triangolo della magia bianca (con Praga e Lione) e della magia nera (con Londra e San Francisco) e quindi tutto questo non deve stupire… 

Vincenzo Cotroneo

I 20 anni di Alta fedeltà

Proprio così, era il lontano 1995 quando è uscito questo libro di Nick Hornby noto autore inglese.

E da questo libro è stato tratto un omonimo e famoso film.





Il protagonista di questo romanzo è Rob Fleming, 35enne ironico e divertente, a tratti irritante e indisponente, appassionato di musica e proprietario di un fatiscente negozio di dischi a Camden Town - il Championship Vinyl - e viene lasciato dalla fidanzata. 

Da questa rovina ne consegue un’analisi caratterizzata da “top five” di tutti i generi. Dalla top five n. 1 "Le 5 più memorabili fregature di tutti i tempi" ovviamente legata all'argomento "donne", a "le 5 migliori canzoni di tutti i tempi" .

Nick Hornby è un grande scrittore, la sua scrittura è semplice e molto ironica. Queste due caratteristiche mettono in evidenza la sua speciale capacità di analisi dei sentimenti umani di personaggi comuni.

Proprio quest'anno Alta fedeltà compie 20 anni, e cosa ne sarebbe adesso di Rob?

Sicuramente la vendita dei vinili sarebbe ben ridimensionata, i protagonisti sarebbero invecchiati e Rob sarebbe un vero Spotify addicted ma, non avendo ancora un sequel non sappiamo se Rob ha trovato una risposta alla famosa domanda: "Cosa è venuta prima, la musica o la sofferenza? Ascoltavo musica perchè soffrivo o soffrivo perchè ascoltavo la musica?"

A mio avviso, non posso dire che si tratti di un capolavoro letterario, ma è sicuramente una lettura godibile e spensierata nella quale spicca l’ironia tipica di un suddito inglese. Ed è un vero romanzo cult se si ama follemente la musica e/o la lettura.

Questo libro mi è piaciuto perché è una storia divertente e ricca di citazioni musicali di tutto rispetto, da Elton John ai Nirvana e tratta di amore, amicizia tradimenti e... musica appunto.


Inoltre soddisfa sia il mio assoluto bisogno di leggere (leggo molto, da sempre, diciamo che per me vedere significa leggere) sia il mio sconfinato amore per la musica.


A questo proposito e in pieno stile Hi-fi ecco la mia personale classifica Top Five:









Daniela Chirieleison

Emozioni fra le cime: il Castore.



“…….. il cielo stellato sopra di me...……. comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. …… spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia importanza di creatura animale che deve restituire al pianeta (un semplice punto nell'Universo) la materia della quale si formò, dopo essere stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale…….. si estende all'infinito.”
 (I. Kant, Critica della ragion pratica, Laterza, Bari, 1974, pagg. 197-198)

 Cercare un confine non tra nazioni, non tra popoli o tra proprietà, ma tra la terra, alla quale appartengo, e il cielo al quale guardo e che mi protegge come una limpida coperta.


Allargare lo sguardo, accarezzare l’orizzonte, sognare oltre il confine... un sogno cullato da sempre. Toccare il cielo con un dito…



Il Castore una piramide di ghiaccio e roccia, 4228 metri nel cielo del Monte Rosa
Una meta interessante, bellissima e non impossibile.  È una classica del Rosa, uno dei 4000 più facili, spesso affrontata come primo 4000. La nostra meta per la via "normale": la salita dalla cresta sud-ovest, dal Colle del Felik, con base al Quintino Sella.
Contattiamo la guida (Compagnie des Guides - Champoluc Ayas), decidiamo la data, guardiamo con trepidazione le previsioni. 

20 agosto, mercoledì.

Finalmente una  finestra di bel tempo. Si parte.


Il cammino è interrotto da piacevoli incontri inattesi…. si attende e si riparte




Al temine il rifugio meta della giornata e punto di partenza per il giorno nuovo.

Rifugio Quintino Sella al Felik


La serata scorre tranquilla ma l’emozione e l’altitudine giocano un brutto scherzo. Si fatica a dormire, si guarda la pianura con le sue luci lontane e non si vede l’ora di riprendere il cammino. I pensieri si inseguono e ricorrono i timori di chi non sa bene cosa l’attende il giorno dopo e spera che il giorno dopo arrivi in fretta.

21 agosto, giovedì.

La sveglia prima dell’alba, il primo sguardo fuori dalla finestra, il cielo solo stelle, la visibilità è ottima, il panorama toglie il respiro.
I preparativi iniziano.



Partiamo….i nostri primi passi su un ghiacciaio vero.



Una prima sosta. L’altitudine si fa sentire. Ne approfittiamo per accorciare le corde e sorseggiare del  caldo prima di ripartire.





Colle Felik, la sorpresa, una valle di ghiaccio quasi pianeggiante e ultima sosta prima della cresta.




La cresta è affilata. Ascoltiamo il silenzio sconfinato anche se oggi non siamo proprio soli a salire.








In cima....quota 4228 m. 



Lo sguardo cerca l’orizzonte, lo abbraccia, è immenso. Il panorama è un susseguirsi di cime maestose. Non c’è grande spazio per fermarsi. La giornata è magnifica. Pochi minuti per ammirare il paesaggio e assaporarlo.




Poi la discesa, la lunga discesa fino a valle


  
  
22 agosto, venerdì.

Il giorno dopo lo guardo…


...il sogno si è avverato ma è ancora un sogno. Le emozioni riaffiorano, i pensieri si rincorrono, la fatica non si ricorda…
«Chi più alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna».
Felice Bonaiti



Arrivederci.





Emanuela Alasia