La signora Anna arrivò davanti all’agenzia alle sette in punto, come faceva ogni martedì mattina ormai da quasi dieci anni. Armata di secchiello, spazzolone e una discreta quantità di detersivi, doveva provvedere alle pulizie degli uffici prima dell’apertura al pubblico. L’agenzia era collocata in una zona periferica di Torino, era una delle più antiche della Compagnia ed era diventata con il passare degli anni un punto di riferimento per gli abitanti della zona, che di lì passavano per una chiacchiera con il personale addetto al bancone o per un saluto all’agente. Questi era una persona stimata, molto eccentrica e proprio per questo con un discreto seguito di amici e conoscenti; sua era stata una delle prime Porsche 911 decappottabili arrivata a Torino nonostante la vicinanza dello stabilimento Fiat Mirafiori a poche centinaia di metri, e memorabili erano i viaggi che aveva intrapreso per visitare ogni angolo più sperduto del globo, da cui tornava con aneddoti e cimeli che conquistavano i frequentatori dell’agenzia. Tra un discorso e l’altro, accadeva sempre che ci si ricordava della imminente scadenza di una polizza o della mancata copertura di una casa, e le sottoscrizioni fioccavano regolarmente.
La signora Anna girò la chiave della serratura ed entrò. Evitò di accendere la luce della prima stanza, per evitare di attirare occhi indiscreti: tanto conosceva a menadito ogni angolo dei locali. Passò nel retro evitando sedie e scrivanie e, mentre stava per raggiungere il bagno, sentì un rumore lieve, come un sibilo, che proveniva da una distanza di pochi metri da lei. “Stai a vedere che anche qui sono arrivati i topi!” pensò. Ma non era donna da farsi spaventare facilmente. Aggirò una poltrona, brandì con forza la scopa e si avvicinò all’interruttore con l’intenzione di sorprendere il roditore in modo da poterlo colpire facilmente. Quando si sentì pronta, inalò l’ultimo respiro, facendo attenzione a non emettere il minimo rumore, schiacciò il bottone e… mentre stava per calare la scopa si accorse di avere davanti a sé un serpente di due metri, avvinghiato su se stesso e con la lingua biforcuta protesa nel tentativo di spaventare l’intruso.
La donna si fiondò fuori dall’edificio urlando di paura, facendo accorrere tutti i passanti che ebbero il loro bel daffare nel calmarla in attesa dell’arrivo del titolare, che quel giorno aveva avuto un contrattempo e non era riuscito ad arrivare in tempo, come tutte le mattine, per riporre Scipione nella sua teca. Scipione era un pitone grasso e mansueto, che l’agente aveva portato con sé da uno dei suoi viaggi esotici e che veniva conservato in una teca proprio al centro dell’agenzia: di notte, per fargli sgranchire le membra e anche un po’ come sistema antifurto, veniva liberato dal titolare stesso che provvedeva poi al recupero al mattino successivo, per la curiosità dei clienti e la gioia dei bambini del quartiere.
Inutile dire che i vigili quel giorno non andarono tanto per il sottile e obbligarono l’agente a trovare per Scipione una sistemazione a lui più adatta. La signora Anna trovò la forza di tornare al lavoro solo dopo aver assistito di persona allo smantellamento della teca al centro del salone. Ma nel quartiere la notizia tenne banco per molti mesi, facendo diventare ancor più frequentato quel piccolo negozio con l’insegna blu all’ingresso.
Paolo Macina
Nessun commento:
Posta un commento